venerdì 24 dicembre 2010

Percezione visiva dei Rigoristi


Chiunque abbia giocato sa cosa vuol dire fallire un calcio di Rigore e per evitare che si ripeta questa sgradevolissima situazione un suggerimento arriva dalla Scienza.

Infatti, in base a una ricerca scientifica condotta dall’Università di Exeter e pubblicata sulla rivista “Journal of Sport and Exercise Psychology”, l’ansia da prestazione legata al tiro dal dischetto arriva ad alterare la percezione visiva del giocatore, creando una sorta di “cortocircuito” tra vista e cervello.

Per scoprirlo gli scienziati hanno coinvolto circa 12 giocatori dilettanti, chiamati a tirare un primo rigore senza pretese e un secondo con la possibilità di vincere 50 sterline. Con l’aiuto di specifici occhiali tecnologici, capaci di misurare i movimenti oculari, gli scienziati hanno rilevato come, nel secondo rigore, reso più importante dalla posta in gioco, la tensione dei muscoli e degli occhi è aumentata, spingendo i rigoristi a concentrare l’attenzione sull’ostacolo più grande, il portiere.

Se, però, il giocatore vede solo il portiere, più facilmente sbaglia, perché finisce per tirare il pallone proprio su di lui, facilitandogli l’eventuale parata, e non tiene conto, invece, di eventuali traiettorie più favorevoli al tiro. Come superare l’ansia da rigore? “Scegliere in anticipo un obiettivo e tirare verso quel punto, ignorando il portiere” suggerisce il ricercatore
Greg Wood.


domenica 19 dicembre 2010

L’Esultanza dopo il Gol!

L’ esultanza probabilmente una delle espressioni più belle e gioiose del calcio e più in generale anche di altri sport, non c’è momento più topico ed è il momento che più ricordiamo, lo abbiamo scolpito nelle nostre menti legandolo ad attimi di pura euforia, basti pensare al Mondiale 82 e all’esultanza di Tardelli. E’ un atto di pura liberazione, oggi grazie all’inventiva di alcuni giocatori è ormai anche un rito colorato e copiato dai bambini nei campetti, quindi perché privarsene o privare la platea di un momento come questo? Ieri Borriello è stato fischiato per aver esultato dopo aver segnato al Milan, ma perché? Il Dibattito è Aperto:



domenica 12 dicembre 2010

Adrenalina, Ansia o Carica Agonistica?


Ansia

Carica Agonistica
 
Adrenalina e noradrenalina: come incidono questi due ormoni sulla prestazione? Una produzione eccessiva di questi ormoni, tipica di uno stato di ansia, è naturalmente negativa.
Se la produzione di adrenalina parte con troppo anticipo si arriverà al momento della partita già affaticati. Una produzione 'corretta' è invece quella che si attiva proprio poco prima della partenza, e viene solitamente percepita non come stato d'ansia ma come carica agonistica.
L'adrenalina prodotta già dal giorno prima la competizione porterà a non riposare bene di notte, ad una eccessiva sudorazione con squilibri idrici, ad uno stato di affaticamento pesante.
E' quindi opportuno sapersi controllare e probabilmente solo l'esperienza ve lo permetterà. Numerose gare renderanno l'evento più normale ed eviterà di attivare questi ormoni con eccessivo anticipo.

venerdì 10 dicembre 2010

Dinamiche di Gruppo: La Squadra

La maggior parte degli autori definisce dinamiche di gruppo  l'insieme fluido e mutevole delle interazioni e dei rapporti interpersonali tra i membri di un gruppo e la realtà sociale esterna. Tali processi sono comprensibili se riferiti ad elementi di natura affettiva, normativa, organizzativa, orientati sullo scopo o sulla relazione.

Interazione. E' un processo attraverso il quale due o più persone si influenzano a vicenda, diventando l'una per l'altra effetto e causa delle rispettive azioni. Il modello classico dell'interazione è il feed-back. Un esempio di interazione è rappresentato dai due schermitori durante un assalto, in quanto le mosse di ciascuno risultano regolate sul comportamento dell'altro.
Mentre l'interazione è una relazione sociale in quanto prevalentemente regolata da norme, valori, modelli di comportamento interiorizzati a livello di prescrizioni di ruolo, il rapporto interpersonale di gruppo risponde ad esigenze di natura affettiva. Esso è legato alla dinamica dell'attrazione, del rifiuto e del conflitto:
· l'attrazione, tra i membri di una compagine sportiva, non nasce dalla complementarietà (attrazione degli opposti), quanto dalla similarità cioè dalla comunanza di valori, credenze, atteggiamenti e tratti ritenuti importanti o ideali nell'universo sportivo. Nel gruppo sportivo essa è un dato importante in quanto permette di superare le fasi disgregative o comunque conflittuali che l'attività agonistica determina con il suo carico di ansie e frustrazioni;
· il rifiuto o repulsione è una dinamica che non implica ostilità, ma indisponibilità, indifferenza, divergenza culturale, ideologica, emotiva, più una serie di difese inconsce (proiezione, identificazione proiettiva, ecc.) che possono attivare un processo di rifiuto interpersonale;
· il conflitto è inevitabile nella vita del gruppo, e soprattutto della squadra sportiva, in cui esiste sempre un'alta tensione emotiva; anzi, la sua assenza indica un deterioramento nell'intreccio motivazionale ed affettivo tra i membri del gruppo.
Fenomeni e processi dinamici dei gruppi
1. sala degli specchi:situazione in cui tutti fungono da controllo e schema di riferimento reciproco (es. due pugili che si studiano);
2. socializzazione: il sorgere della relazione di gruppo mediante forme di comunicazione verbale e non verbale;
3. teorizzazione: interpretazione razionalizzata con cui viene spiegato agli altri il proprio o il loro modo di reagire e comportarsi nel gruppo;
4. difesa del gruppo: tacito accordo per non alterare una situazione di equilibrio e di consenso reciproco, con controllo delle ansie (es. conversazione banale su un scompartimento ferroviario);
5. capri espiatori: accordo sotterraneo per scaricare l'aggressività su un individuo interno o esterno al gruppo;
6. aggressività: ostilità competitiva invidiosa tra i membri;
7. regressione: espressione verbale di materiale inconscio contenente richieste d'attenzione, aiuto, affetto;
8. risonanza: capacità di entrare in relazione sulla base di stati d'animo comuni;
9. silenzi: rifiuto di appartenenza al gruppo o richiami di attenzione su di sé;
10. formazione di sottogruppi: il dissenso all'interno del gruppo genera fenomeni di scissione, riferibili a meccanismi persecutori.
11. polarizzazione emotiva: caratterizzata dall'orientarsi e dal convergere su di una persona dei vissuti del gruppo (es. atleta che nella squadra si oppone costantemente all'allenatore, può cumulare una propria motivazione interiore con l'incoraggiamento sotterraneo della squadra, anche se non esplicitato. Nel mentre l'atleta opposizionista soddisfa una propria esigenza legata a conflitti con le immagini autoritarie del suo passato, gratifica, in diversa misura, esigenze simili negli altri membri del gruppo).

giovedì 9 dicembre 2010

Staminali per ricostruire le articolazioni del ginocchio

Se le sperimentazioni porteranno a reali effetti positivi, grazie alle cellule staminali sarà possibile ricostruire un'intera cartilagine articolare
Uno degli incubi più diffusi tra i calciatori potrebbe svanire.
Saranno le cellule staminali i possibili strumenti per "costruire", una volta applicate, nuovi ceppi cellulari che andranno a sostituire le articolazioni rovinate. Emerge da alcuni studi scientifici presentati  a Taormina al congresso regionale "Presente e futuro nel trattamento dell'artrosi del ginocchio". La metodologia è ancora in fase di sperimentazione, Fondamentalmente si procederà estendendo le attività scientifiche finora usate per i piccoli interventi su pochi centimetri di cartilagine mancanti. Come spiegato dai relatori, l'intenzione e' quella di prelevare alcune cellule dalla cartilagine degradata per inviarle nei laboratori in modo da creare un terreno di coltura di condrociti, le unita' morfologiche e funzionali del tessuto cartilagineo. Hanno la capacita' di produrre la matrice circostante composta da fibre collagene e proteoglicani.
Nell'arco di 25 giorni la coltura sarà pronta per l'innesto da effettuare con un secondo intervento.
"L'artrosi del ginocchio e' stata sempre al centro dell'interesse medico e motivo di dibattito degli ortopedici in quanto costituisce una delle localizzazioni più frequenti delle nostre articolazioni - spiega Walter Leonardi, presidente del congresso e primario di ortopedia all'ospedale Garibaldi-Nesima di Catania- le osteotomie preventive e gli impianti protesici parziali o totali dell'articolazione del ginocchio hanno fatto sempre da padroni per la cura della patologia artrosica. Vista l'elevata richiesta funzionale da parte del paziente, l'intervento sulle articolazioni danneggiate dal processo degenerativo sta seguendo anche altre strade importanti come quella del ricorso alle cellule staminali che sono cellule multipotenti in grado di ricostruire e riparare parti del corpo umano, come il fegato, il cuore, la pelle, l'osso. Nel campo ortopedico interessano le cellule staminali che inducono alla nascita di nuove cellule cartilaginee".

lunedì 6 dicembre 2010

Come Allungare la Carriera?





Pietro Vierchowod si ritira dall'attività agonistica nel 2000, a 41 anni. In tutto ha giocato in Serie A 562 partite, quarto assoluto dietro Paolo Maldini, Gianluca Pagliuca e Dino Zoff.  Ha avuto a lungo il record di goleador più anziano della storia della Nazionale: ha segnato a 33 anni, 11 mesi e 18 giorni il 24 marzo 1993 in Italia-Malta 6-1, poi battuto il 13 giugno 2008 da Christian Panucci che ha segnato a 35 anni e 2 mesi. In Nazionale ha partecipato a 3 Mondiali e ha ottenuto 45 presenze, realizzando 2 gol.
Roger Milla prese parte anche ai mondiali americani del 1994 nonostante avesse compiuto ben 42 anni (addirittura un membro dello staff camerunense disse ad un giornalista che in realtà ne aveva 46!). In quell'edizione della Coppa del Mondo il Camerun andò molto male, ma Milla potè consolarsi con il gol realizzato alla Russia che comunque vinse 6-1. Quel gol è quello che gli permette di entrare nella leggenda: diventa il calciatore più anziano a siglare una rete ai mondiali.
Le loro Carriere appaiono superficialmente come due modi differenti di vivere lo sport, il primo tutto lavoro, impegno e vita sana, il secondo estro, gioia, entusiasmo. Eppure per certi versi sono accumunati da aspetti identici, entrambi sono 2 esempi di come passione, motivazione, abnegazione, autostima, identificazione con gli obiettivi della maglia siano ragioni più forti dell’identità anagrafica. Senza mettere in dubbio le qualità tecniche di questi due immensi giocatori ci piace affermare che la lunga durata della loro carriera e dei loro successi sia soprattutto figlia della loro forte personalità, un aspetto questo che fa realmente la differenza. La storia del calcio purtroppo è piena di talenti cristallini che però non avevano le caratteristiche psichiche e morali per vivere lo sport ad alti livelli ( Paul Gascoigne ne è un infelice esempio),
che non hanno reso come avrebbero potuto o che hanno addirittura prematuramente appeso le scarpe al chiodo.


La Volontà più dei piedi è ciò che rende dei veri Campioni:




La Fisica spiega un Goal Impossibile

Nel 1997, nell'amichevole Francia-Brasile, Roberto Carlos calciò una punizione che pareva sfidasse le leggi della fisica. Gli scienziati oggi ci spiegano il fenomeno.
Roberto Carlos battè in porta da 35 metri direttamente da calcio di punizione, da posizione centrale rispetto alla rete: il pallone passò largo alla destra della barriera e quando sembrava diretto fuori curvò improvvisamente fino a gonfiare la rete dopo alla sinistra del portiere francese Fabien Barthez, rimasto impietrito.
" Fu un avvenimento eccezionale, difficile che si ripeta", ha spiegato un ricercatore, David Quere, fisico al politecnico di Parigi, all'Associated Press. Quere e i suoi colleghi hanno sviluppato un'equazione per spiegare la bizzarra traiettoria del tiro di Roberto Carlos: utilizzando una pistola hanno sparato in acqua proiettili alla velocità di 100 km/h, approssimativamente la velocità del tiro del brasiliano, arrivando alla conclusione che una sfera, quando curva, in realtà gira come una spirale.
Uno studio che secondo Quere, che si spiega nella pubblicazione affidata al New Journal of Physics, conferma il "Magnus effect", responsabile della variazione della traiettoria di un corpo rotante in un fluido in movimento. L'effetto a spirale con un pallone da calcio si registra dopo 40 metri, ma quando la sfera rallenta, l'effetto è più pronunciato, fino a creare una spirale.
"L'aspetto fondamentale da notare però è che quando la palla rallenta, la rotazione resta la stessa", ha spiegato Quere. "Perciò, quanto più curva è la traiettoria di un pallone, più facilmente si pur creare una spirale. Quel tiro di Roberto Carlos fu cosl perfetto che probabilmente aveva compreso in allenamento come trarre vantaggio da punizioni calciate da molto lontano"



Altre "Magie":

domenica 5 dicembre 2010

Ansia da Prestazione

Nel momento in cui uno sportivo deve compiere una prestazione importante, può avere dei blocchi mentali o delle ansie che gli impediscono di effettuare la prestazione, oppure effettua una performance di scarsa qualità pur essendo magari il più forte in quella specialità.
Ci sono molti motivi che portano a questo tipo di ansia, per citarne alcuni:
  • paura di fallire
  • paura dei propri limiti
  • soggezione del pubblico
  • non riuscire a sopportare le aspettative
  • depressione dell’atleta
  • paura del giudizio
  • pensare di essere al capolinea
Lo sport è  una metafora della lotta per la supremazia in una determinata relazione intersoggettiva tra due contendenti o tra due gruppi (squadre) di contendenti. Non a caso c'è uno che vince e l'altro che perde e non a caso le attività sportive, a qualsiasi livello siano esercitate, forniscono innumerevoli spunti per metafore legate alla superiorità/inferiorità, alla bravura/non bravura, all'essere desiderabile o non desiderabile come soggetto di identificazione, ecc.
Forse proprio per queste caratteristiche intrinseche e strutturali le attività sportive si prestano a riflessioni sul ruolo che la condizione psicologica dei partecipanti gioca nell'avere successo o al contrario nel risultare sconfitti. Ciò accade in misura più evidente negli sport individuali ma succede altrettanto correntemente negli sport di gruppo dove il clima emotivo complessivo e le influenze psicologiche reciproche possono diventare un elemento di rafforzamento del gruppo nel raggiungere i propri obiettivi o, al contrario, di limitazione delle capacità di quella squadra di ottenere successo.

Una metafora che viene spesso usata in alcune specifiche situazioni sportive è che, in particolare quando si avvicina la fine della competizione e la squadra è in vantaggio, sopraggiunge la cosiddetta "paura di vincere". E così le capacità sportive diminuiscono drasticamente, le competenze sembrano improvvisamente sparite, attività e gesti fino ad allora ben padroneggiati scompaiono e così via. Tale crisi può portare alla sconfitta o quantomeno a mettere in serio dubbio la vittoria. Tutto ciò comporta poi una serie di conseguenze emotive negative per le gare successive dove si ripresenterà fortissimo il rischio che quel ricordo di paura e di insicurezza si riattualizzi diventando un elemento caratterizzante di quell'atleta o di quel gruppo.


Che cos'è dunque la paura di vincere?  Perché alcuni sportivi invece riescono a utilizzare al meglio tutte le loro potenzialità psicologiche e atletiche per rendere sempre al meglio in ogni competizione ? Possiamo ipotizzare che ciò che spaventa e produce ansia non è tanto la metafora, cioè lo sport, ma la relazione interpersonale con l'altro e la relazione, spesso inconscia, con se stessi.

Con ciò si vuole dire che la paura di vincere, a volte anche la stessa paura di competere, è legata alla idea che la persona ha costruito sul sé, ai valori che si attribuisce, alla posizione che pensa di meritare nella società, al ruolo che ritiene di poter giocare nel mondo. Di conseguenza attraverso la paura di vincere la persona esprime l'idea di quello che ritiene sia il proprio ruolo nel mondo, un ruolo di persona fragile e insicura e la sensazione di "valere poco". Se vincesse dovrebbe accettare l'idea di essere "superiore", almeno per quella attività e relativamente a quella persona ma tale sensazione può essere per lui troppo forte e pericolosa perché rappresenta un cambiamento della idea di sé che l'individuo non è ancora pronto ad accettare.

Non essendo pronto ad accettare questa possibile nuova idea di sé preferisce perdere o anche non lottare e rimanere nella propria condizione che se pure a volte gli pesa è tuttavia in un certo senso rassicurante perché è ben nota e chiara, rimanere nella propria condizione conosciuta rappresenta una condizione meno ansiogena che non il risultato del cambiamento che è, ovviamente, ignoto.

A titolo esemplificativo pensiamo a tutti quei momenti dove lo sportivo in preda all'ansia della competizione non vede l'ora che la partita (cioè la fonte dell'ansia) finisca. In quei momenti la sua principale preoccupazione non è vincere ma far cessare la sofferenza psicologica.

L’ansia, di per sé, non è un fattore negativo per chi pratica l’attività sportiva. Diversi studi (Gould, Greenleaf, & Krane, 2002; Smith et al., 2002) ne hanno sancito l’importanza come fattore chiave per qualità e durata dell’esperienza.
È quando questa raggiunge livelli troppo alti, e in direzione negativa, che si pone come ostacolo al godimento dell’attività e al decadimento della performance in termini di risultati, senza contare l’aumento degli infortuni che ciò comporta.
Una delle cause principali della perdita di efficacia è, paradossalmente, l’essere troppo concentrati sul compito: l’ansia è una forza autocentrante, che tende a focalizzare l’attenzione su sé stessi, sui propri movimenti e sulla propria attività, e questo conduce ad una serie di risposte nel corpo che sono eccessivamente controllate e contrastano con la naturalezza che il movimento sportivo richiede. Quello che un livello eccessivo di stress produce è un sovraccarico di informazioni che rallenta il sistema minandone l’efficacia.
Secondo Carver and Scheier (1988) il comportamento umano è regolato da un sistema di feedback che monitora il comportamento. Quando un comportamento viene eseguito, avviene un confronto fra il risultato ottenuto ed il risultato sperato. Se questo risultato è discrepante, si crea un’interferenza cognitiva sotto forma di pensieri negativi su di sé. In soggetti particolarmente ansiosi, questi pensieri negativi sorgono ben prima del compito da portare a termine, come se il fallimento fosse una conseguenza inevitabile dell’azione.

Come si affronta, dunque, l’ansia? Se l’ansia prima della prestazione è una componente inscindibile dello sport  è bene che l’atleta non fugga dalla stessa come da un fastidioso effetto collaterale, ma che impari a conoscerla e ad integrarla nella propria economia di vita.
Lavorando in questa direzione è possibile ridurne gli effetti, sia in termini di performance che di pensieri negativi durante la competizione.
Perché se è pur vero che il divertimento è una base imprescindibile dello sport, è anche importante vedere fruttare i propri sforzi ed il benessere che deriva da un’attività che può essere soddisfacente da tutti i punti di vista.






sabato 4 dicembre 2010

Cos’è la Psicologia Dello Sport?

La psicologia dello sport è la disciplina che studia gli aspetti psicologici, sociali, pedagogici e psico-fisiologici dello sport.
Per definizione e necessità essa trae ispirazione e contenuto da molteplici discipline che vanno dalla medicina alle scienze motorie, ma ha trovato negli anni un suo preciso e definito percorso di ricerca e di intervento.
Inizialmente la psicologia dello sport cercò di stabilire delle relazioni significative fra personalità e sport, utilizzando soprattutto strumenti diagnostici provenienti dalla psicologia clinica, ma successivamente si è specializzata nell'ambito della preparazione mentale e sulle abilità che possono essere incrementate nello sportivo, vale a dire l'attenzione, la concentrazione, la motivazione, la gestione dello stress e dell'ansia.
Lo psicologo dello sport è un dottore in psicologia (più spesso ad indirizzo clinico ) che mette a disposizione le sue conoscenze presso Federazioni, Enti, Palestre, Associazioni e si dedica alla formazione, tramite interventi individuali o di gruppo, dello staff dirigenziale, degli arbitri, degli allenatori, istruttori, degli atleti di sport individuali o di squadra.
Lo psicologo riveste un ruolo ben definito: quello di esperto di tematiche psicologiche e psico-pedagogiche nei confronti di tutti i membri della Società sportiva. Lo psicologo dello sport si occupa in particolare di: allenare e potenziare le abilità mentali degli atleti, fra cui annoveriamo in particolare l'abilità di rilassarsi,di visualizzare, di porsi degli obiettivi, di mantenere la propria motivazione, di gestire l'ansia da prestazione. La psicologia dello sport sta dando un enorme contributo alla comprensione del ruolo dello sport nello sviluppo dei bambini, evidenziando come debba rappresentare un'esperienza divertente, di crescita e consapevolezza del proprio corpo, dello stare bene con se stessi e gli altri (compagni di squadra e allenatore). Le principali competenze dello psicologo sportivo sono: il goal setting (formazione corretta degli obiettivi di prestazione e di risultato); allenare a gestire le emozioni; allenare alla visualizzazione del percorso e dei gesti motori dell'atleta; migliorare l'autostima dell’atleta; proporre strategie per la gestione dell'attivazione psicofisica dell'atleta; studiare e potenziare gli stili attentivi dell'atleta; lavorare sul self talk (dialogo interno) positivo e negativo; diagnosticare disturbi alimentari (DCA) sport-specifici; diagnosticare psicopatologie sport-specifiche come la nikefobia, l'ansia da prestazione o la sindrome del campione; analizzare il gesto motorio con videoregistrazioni; informare ed intervenire sull'abuso di sostanze dopanti e stupefacenti; informare ed intervenire sull'uso improprio di farmaci antidolorifici negli atleti infortunati; offrire consulenza sul dolore, depressione, perdita e suicidio negli atleti; offrire consulenza sull'overtraining e sul burn out negli sportivi; offrire consulenza sulla gestione della grinta e dell'aggressività in relazione allo sport; intervenire sull'infortunio sportivo e sul processo riabilitativo; seguire i passaggi di categoria e i cambiamenti nella vita dello sportivo; favorire il team spirit; favorire la gestione della coesione di squadra; analizzare e sviluppare la leadership di atleti ed allenatori; sviluppare le competenze relazionali dell'allenatore; sviluppare la sportività (fair play) negli atleti; offrire consulenze di parent training ai genitori.
Che la mente possa influire significativamente su ogni attività umana e, quindi, anche su quella sportiva è stato certamente chiaro fin dai primi Giochi Olimpici ateniesi, il destino di una competizione sportiva non dipendeva esclusivamente dalla prestanza fisico-atletica, ma anche dall'astuzia, dalla strategia, dal coraggio, dallo stato d'animo, caratteristiche, quest'ultime, strettamente legate all'attività mentale dell'atleta. La psicologia clinica dello sport si occupa degli aspetti clinici e di crescita globale della personalità dello sportivo e dell'abbattimento del disagio giovanile attraverso le dinamiche sportive di interazione.